martedì 13 marzo 2012

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Bisbigli. Conversazioni sussurrate. Gente per bene, molto per bene. Giovani e vecchi, incravattati, in completo. Una grande stanza, qualcuno seduto su quelle sedie di velluto con le gambe storte, qualcuno su divani preziosamente, antiquariatamente, scomodi, altri in piedi. Dovunque, nelle mani e sui tavoli, meraviglie rotonde di cristallo con due dita di cognac ambrato. Tappeti per terra, quadri scuri scuri sulle pareti, rovere vecchio sul soffitto, sui pavimenti, dovunque. Corna di cervo. Gente che parla. Tende pesanti sulle alte finestre.

Entri.

Testa bassa, capelli sugli occhi, che grondano pioggia. Gambe larghe, pugni chiusi. Immobile. Piano, piano, alzi gli occhi, feroci.

E la gente avvampa, brucia, si infiamma, grida, si consuma, muore.

Anche tu, ovvio. Lo sapevi, quindi cerchi di non gridare. Ci riesci, per un attimo. Poi, il dolore è troppo forte. E gridi, gridi anche tu, mentre bruci.

E fuori, nella notte, c'è quel tipo con la camicia di seta, la cravatta allentata, gli occhi strappati, che dice, a chiunque lo voglia ascoltare: "Io, signori, sostanzialmente sono un'altra cosa".

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