martedì 13 marzo 2012

7

Cammino, in questa notte calda. Cammino per le strade del paese. Cammino leggero. Le vie strette, selciate di porfido. Il silenzio. Luce di lampioni che mi regala uno scorcio di casa, un cerchio di strada, una fontana. Queste case fra cui cammino sfiorando appena il terreno, queste case che erano già vecchie quando tutto era buio, quando la notte era piena di stelle. Mi vedono passare come un lampo nella loro lunga vita. E io invece cammino lento, leggero. Gli occhi grandi e innocui. Un bar. Musica, rumore. Saluto qualcuno, scivolo fra la gente, non tocco, non sfioro, un balletto, quasi. "Caffè d'orzo, grazie." Poi di nuovo un gioco di piedi e di fianchi, un mezzo giro e due passi veloci, e torno in strada, sempre senza toccare, senza essere toccato. Di nuovo nelle viuzze deserte, strette, fra quei muri antichi. Voci, sommesse, da una finestra. Chissà chi sono, cosa dicono. Sono così leggero. Potrei entrare, passare attraverso il muro, sedermi con loro, ascoltare. No, non parlare, non toccare. Ma non mi importa. Forse potrei volare, questa sera. Attraverso questo cielo sporco di lampioni, attraverso questo tempo sporco di gente. Ma cammino, lento. Le case sono indifferenti, non mi vedono neppure. La fontana sembra vivere con me, con l'acqua che scorre. Ma se la guardo bene, è ferma a mezz'aria, o forse è già passata tutta avanti, non so. Non c'è nessuno. Silenzio, nella finta notte senza buio. E io cammino, leggero, lento. Dritto attraverso la vita. Senza toccare.



Con un gesto breve, quasi dolce,
congedò le spade di sole sui riquadri del parquet,
congedò l'odore del sapone, e del tiglio.
Mise in libertà l'armadio vecchio
e le terribili scale della cantina.
E il noce, l'asfalto del cortile, i ghiaccioli al limone.
Perfino il caprifoglio.
I profumi...
I profumi sfilarono lentamente le unghie dal cervello vivo
e scivolarono via.
Senza neppure un grido, a dire il vero. Senza nemmeno un grido.
Come un uomo congeda la saliva di un cane,
con lo sguardo altrove, la mente altrove.
Un breve accenno col polso,
l'inizio dell'allargarsi delle dita.
Ed ora, tutto è solo quasi vero...

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