martedì 13 marzo 2012

14

Viene mattina. La luce gocciola sul mondo. L'aria è fresca, mai respirata da nessuno. Non ha quasi sapore, eccetto quello, appunto, della mattina. Un sapore particolare, di nuovo, di scelte, di speranza, di, beh, di fresco, come dire. Apri gli occhi assonnati, apri le ali colorate, e immagini i voli. I voli nel cielo pallido, scramblato di nuvole rosa. Roba da sceneggiatori colti da ictus, ma vero, però.

Poi, il giorno matura. Tu voli. Magari non così in alto come pensavi, ma è ancora mattina, giusto? Voli, sulle tue ali colorate, a bassa quota, tanto hai tutto il tempo. Voli, e immagini.

Il sole adesso è in mezzo al cielo. Le cicale cantano, e tu sei grande, di tutta la tua grandezza latente. Oh, ne sai, di cose! Oh, ne hai, di idee! Ed è solo mezzogiorno! Tempo di fare un pisolo fra l'erba, fra le api che ronzano.

Il sole cala, e tutto diventa più morbido. L'autunno è dolce, e ti ci abbandoni.
E la notte, la notte viene. Inarrestabile.
Finchè c'è la luna, l'ovunque amica, ti puoi ancora raccontare delle cose. Ti puoi raccontare che ancora esiste la poesia, che hai ancora le ali (anche se voli come vola il tacchino, anche se con gli occhiali che dovrai cambiare com'è che non riesci più a volare), ma puoi raccontartela. Puoi giocare con le parole.

Ma poi se ne va anche la luna. Affonda nel cielo, dietro le montagne. E, verso le tre di mattina, ali nere che sbattono senza quasi rumore, artigli feroci e il becco che spezza il collo.

Uno squittio, uno squittio disperato. Ecco quel che siamo.

Ali nere, ali nere in un improvviso che ti aspetti, che speri, che non vedi l'ora che arrivi, alle tre del mattino. Perchè, beh, perchè la notte è lunga. Lunga che non la vedi finire.

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