martedì 13 marzo 2012

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Lisce, lunghe, lente dune, color albicocca, come i capelli di una bambina che, una volta, ho visto. Lisce, lunghe, sensuali dune. Senza fine. E sopra a tutto il vento, un vento costante, secco, bollente, che ti prosciuga ma non ti sfinisce. E il sole, su tutto.

(No. Alberi grandi, nel bosco umido, che sperano nell'autunno. Vampate di giallo dei faggi, sul fianco del monte, e i punti rossi dei ciliegi. Le betulle ancora aspettano, aspettano l'oro di un momento, poco più avanti. E i larici stanno pensando, ancora, alla breve estate passata).

Un leone, nel deserto? Si sarà perso? Color albicocca, anche lui, come le lente dune. Se si confonde nel colore, allora no, non si è perso, è nel suo posto. Cerca la carne rossa, ma la carne non è rossa, è del suo stesso colore. Difficile da vedere, difficile da trovare, più facile da annusare.

(No. L'aria è ferma, umida e fredda. La luce è poca, nel bosco, per questo l'orso è scuro. E neppure la carne che lui cerca è rossa, la carne nel bosco è scura come il bosco. Difficile da vedere, difficile da trovare, però più facile da annusare, nell'aria ferma, umida).

Al di là di una duna, oro. Cupole abbaglianti, enormi, una distesa di barbagli di sole. Una città, una città splendente d'oro. Un leone che guarda una città? Sottovento, forse, ma sei sopravvento, coglione.

(No. Si apre il bosco di faggi. Di là dalla radura, una collina, e sopra la collina un castello. Sei nel posto degli uomini, e l'aria è ferma, coglione).

Mastini, e poi cavalieri d'oro, con le lance splendenti. E il figlio del macellaio che prende la tua pelle, che farà da scendiletto al re.

(No. uomini vestiti di scuro, e quadrelli di balestra. E i tuoi filetti serviti a un pranzo qualsiasi del signore).

Uccisore di pecore o di capre, cosa cambia?

Ferocia o impotenza, cosa cambia?

Chi vince o chi perde, cosa cambia?

Oro, ossidiana, cosa cambia?

Si vive e si muore, _questo_ non cambia.

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