martedì 13 marzo 2012

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Il re si sveglia, di soprassalto, nella sua tenda. La logica interpretazione della battaglia a venire è lì, precisa, nella sua mente, portata dalla lucidità della notte, del sogno. Dove posizionare le ali, chi deve essere al centro e chi al fianco destro, e quando, di preciso, la cavalleria interverrà sul sinistro. Una vittoria scontata. E poi avanti, verso l'India. Contro gli elefanti, fino al mare.

Ma, perdio, questa non è una tenda! Sassi, ben incastrati, sopra di me. Attendente! Attendente! Io sono il re, dov'è il mio stato maggiore?

Barone, lei non è re.

Lei è un barone assediato in un fottuto foruncolo su un dosso rumeno, buone mura, solide, certo, ma vogliamo parlare dell'esercito fuori?

Un barone, va bene. Ma perchè un barone non può, non potrebbe, vincere una guerra? Ho già in mente tutto. Le scorte ci basteranno per un anno, che è di più di quello che gli assedianti possano reggere. Le mura sono solide, non le abbatteranno. E abbiamo parecchie uscite segrete da cui punzecchiarli, finchè saranno stufi di morire nella notte, o per fame.

Idiota, lei non è neppure un barone. Lo vede il soffitto?

Un idiota, va bene. Il soffitto è intonacato, e tu sei una fottuta infermiera. E questo è un ospedale, ed io non sono nè re nè barone, e non sto combattendo nessuna guerra. Eppure, cazzo, eppure posso vincere. Posizionando al meglio la cavalleria che non ho. Oppure posso perdere.
Tu non l'hai, questa opzione. E sai perchè non l'hai? Primo, perchè non sai che esiste, e secondo perchè, comunque, non la vuoi.

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