martedì 13 marzo 2012

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La poesia.

Io la chiamo così, ma in realtà intendo l'arte, e anche di più. Per dire, certa filosofia, e forse anche tutta la scienza, è arte. E' il modo in cui noi umani cerchiamo di mettere ordine nella realtà, così da sapere in che mondo ci sveglieremo domattina (dormissimo, intendo. Son le tre e mezza di notte...)

Credo che "poesia" venga da "poiein", che cioè l'etimo sia qualcosa che ha a che fare con il creare.

Allora, il poeta è Prometeo. Epimeteo, nessuno sa chi fosse.

Ma il poeta sbaglia, quasi sempre.

Un inciso: la poesia come modo di ricordare è altra cosa. E' una cosa in metrica, che si può cantare, e che parla del difficile ritorno a casa di Ulisse. Non è questo il punto.

Il punto è che il poeta, l'artista, _cambia_ la realtà. Se la imbrocca.

Come dicevo, sbaglia quasi sempre. Ma quando è appena un passo più avanti nel reale, non troppo più avanti, ed ha sufficiente risonanza, _indirizza_ il reale, il reale di noi umani, in una direzione. Cambia, davvero, la nostra realtà.

Poi, come Prometeo, va ucciso, ovvio. Chi cambia la realtà è pericoloso, con ogni evidenza. Quante probabilità aveva di cambiarla in meglio? E quante possibilità ci sono di tornare indietro, dopo un cambiamento in peggio?

Il fatto è che un poeta (etimologicamente) ha dentro qualcosa, e deve farla uscire. Non può farne a meno. Per questo va ucciso. Per tempo.

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