lunedì 14 maggio 2012

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Perché non è un viaggio. La vita non è un viaggio, un percorso attraverso le cose, un divenire e un far divenire. Non è passare fra terre o persone, non è accumulare ricordi e conoscenze, non è cambiare mano a mano, non è diventare migliori, o peggiori, o anche solo diversi. La vita non è qualcosa che succede attraversando il tempo. E’ sbattere le ali contro un vetro, è la corsa di un criceto sulla ruota. La vita è qualcosa che tu pensi succeda fuori, ma sei tu che la pensi fuori. Sei tu che pensi. Sei sempre fermo nello stesso fottuto punto, sei lì fermo, dentro i confini della tua testa, del tuo cervello, ti pensi  grande, piccolo, uguale, diverso, ti pensi correre o restare, ti pensi nel bosco a primavera o nei viali d’autunno,  ma è sempre la stessa roba, sempre lo stesso crepitio , oddio, bisbiglio, fra quel pugno di neuroni. Tutto succede in una stanza chiusa. Una stanza dove non c’è tempo, né colori, né profumi. La vita è una stanza chiusa, senza finestre, e il gioco è inventarsi il tempo che passa fingendo che le pareti non siano bianche, bianche come le ossa della scatola cranica. La vita, in sostanza, è una bugia che ci raccontiamo per cancellare la claustrofobia dell’essere rinchiusi, inevitabilmente, immodificabilmente, fra le pareti della nostra testa. La vita è claustrofobia negata, ecco cos’è. E ogni giorno è uguale, perché non ci sono, i giorni.

E però, epperò, il vento.  Non tanto, non solo il profumo del vento, ma la sua forza, quella che apre e divide la penne sulla punta delle ali, la forza che ti permette di giostrare, di girare… Ohi, si vola poco, dentro i confini di un cranio. Ma quel poco, magari, basta. Basta ad imbrogliarsi.

Le senti? Le senti  le penne, come frusciano nel vento?

Beh, non è vero. Non frusciano, e non c’è il vento, e non ci sono i giorni. E’ tutto grigio e fermo, e poi raccontatela, se vuoi. Lì nella scatola. L’importante è accontentarsi, dicono.   

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